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Approfondimenti

Cenni storici sulla città di Pisa

Le origini di Pisa
Le origini di Pisa rimangono ancora misteriose. Gli autori classici, da Plinio a Rutilio Namaziano, mettono in rapporto questo nome con quello della città greca omonima situata nell'Elide, e sostengono quindi che la sua fondazione sia stata opera dei greci; più precisamente del re Pelope, oppure di Epeo costruttore del cavallo di Troia, oppure dei compagni di Nestore, profughi appunto da Troia. Questa teoria è stata collegata con una colonizzazione achea in Etruria e nel Lazio (XIII - XII secolo a.C.) nel quadro delle relazioni micenee con l'Italia. Un'altra tradizione, che si rifà principalmente a Catone ed a Servio, lega le origini di Pisa ai focesi o ai teuti (teutanes) e posteriormente agli etruschi. Una terza (che va da Polibio a Livio) sostiene che il nucleo originario di Pisa fu fondato dai liguri. La presenza di insediamenti liguri risulta d'altra parte testimoniata da vari ritrovamenti effettuati nei dintorni di Pisa e specialmente lungo la base occidentale del Monte Pisano. Contatti commerciali dei focesi col litorale tirrenico risultano pure numerosi e importanti. La venuta degli etruschi nella Val d'Arno, e in particolare nella palude di Bientina, è pure attestata dagli scrittori classici e può essere comprovata dai reperti archeologici e dai toponimi a partire dalla metà del V secolo a.C.; agli etruschi risalirebbe il nome Pisa, il cui significato sarebbe quello di `foce', ossia sbocco del fiume al mare.

La flotta pisana
Tra il X e l'XI secolo le attività marittime acquistano un'importanza sempre maggiore e vengono a caratterizzare sempre più la posizione della città nei confronti degli altri centri dell'entroterra. Il nucleo degli abitanti della città-porto acquista una fisionomia propria che lo differenzia dai circonvicini, più rigidamente sottoposti ai grandi feudatari, come il marchese di Toscana. A capo della città si viene così ponendo un'associazione privata sempre più potente, che costituirà il nucleo originario del nascente comune. Nell'XI secolo si ha tutto un succedersi di imprese audacissime dei pisani, compiute dapprima al fianco dei genovesi (come nella spedizione di Sardegna del 1016), dei normanni e di Bonifacio marchese di Toscana; più tardi ad opera delle sole forze di Pisa. 
Sono imprese che non soltanto attestano la vitalità e la potenza delle flotte pisane, ma denotano anche l'importanza dell'azione antisaracena svolta da Pisa insieme con le altre città marinare. Le due maggiori imprese anteriori alla prima crociata sono la conquista della Sardegna (1015-1016) e la spedizione contro Tunisi (1087). L'una e l'altra consentirono l'avvio di nuovi e più redditizi scambi commerciali, pur rinfocolando l'antagonismo coi genovesi che nel commercio aveva appunto la sua prima causa.

Nel 1091-1092 il papa Urbano II, in segno di riconoscimento dei meriti conseguiti dai pisani nella lotta contro gli infedeli, concedeva alla Chiesa di Pisa la dignità arcivescovile e la supremazia sui vescovi di Sardegna e Corsica. In questi stessi anni venivano poste le fondamenta della cattedrale e di alcuni dei più importanti edifici sacri. L'arcivescovo Daiberto interveniva al concilio di Clermont (1094), che proclamava la prima crociata, alla quale i pisani avrebbero partecipato per mare con la flotta e via terra mediante contingenti di milizie.

Audaci imprese pisane
Agli inizi del XII secolo si è avuta forse la più audace delle imprese marinare pisane: la conquista di Maiorca, l'isola-roccaforte da cui le flotte musulmane partivano per depredare le coste e le isole mediterranee. L'impresa fu portata a termine dai pisani, mentre i genovesi si astennero probabilmente per antagonismo commerciale, e l'appoggio offerto dalle città provenzali e catalane fu significativo soltanto nell'ultima fase delle operazioni. Ingente fu il bottino riportato in città e grande il prestigio che il comune ne conseguì in Toscana e presso il papato e l'impero. Enrico IV donò all'Opera del duomo i castelli di Livorno e di Pappiana, facendo esplicito riferimento ai meriti conseguiti da Pisa nella lotta contro gli infedeli. Un poema, il 'Liber maiorchinus de gestis pisanorum illustribus', tramandava ai posteri i particolari della spedizione a cui avevano preso parte le più importanti famiglie e consorterie della città e del contado.

La tradizione vuole che mentre le milizie erano nella maggior parte impegnate nella spedizione, i fiorentini garantissero ai pisani protezione dagli eventuali attacchi dei lucchesi. Questi ultimi si erano ritirati dall'impresa balearica e subito dopo la sua conclusione si apprestarono a nuove guerriglie contro la città. Intanto anche la rivalità con Genova andava progressivamente crescendo.

Il secolo XII

Federico Barbarossa

Durante il XII secolo la storica rivalità con Lucca si trasformò per i nuovi rapporti che i pisani venivano intrecciando con l'imperatore Federico I Barbarossa. Questo nuovo assetto costrinse nel 1155 le due città a sospendere le reciproche ostilità che da dodici anni si protraevano poiché, come spiegano i cronisti, sia Pisa che Lucca miravano al possesso della via Francigena e del castello di Montignoso. Ma i contatti con l'imperatore non ebbero un tranquillo svolgimento, specialmente nei primi anni e soprattutto per il conferimento del titolo di marchese di Toscana e Corsica, dato da Federico al nipote Guelfo. Era un titolo che pareva porre in sottordine le ambizioni pisane sulle due isole, ma la fedeltà all'impero serviva ai pisani per evitare l'isolamento e avere una valida protezione contro Lucca e Genova. La pace del 1155 permise ai pisani il libero accesso alla via Francigena, dando come contropartita ai lucchesi il pedaggio che si sarebbe pagato presso Fucecchio. I pisani confermarono poi la loro fedeltà al Barbarossa nel 1159, quando i contrasti tra papato e impero costrinsero il loro arcivescovo Villano a schierarsi in favore di Alessandro III, il grande rivale del Barbarossa. L'arcivescovo fu bandito dalla città e andò provvisoriamente esule in Provenza assieme al papa.

L'alleanza con Barbarossa
Pisa ottenne dal Barbarossa nel 1162 un privilegio che gli concedeva molti diritti sul litorale e sull'entroterra toscano, sui porti e le città principali dell'Italia meridionale e della Sicilia. Se le condizioni previste nel documento, che conteneva anche un'alleanza reciproca contro Genova e contro Guglielmo I re di Sicilia, si fossero realizzate, non c'è dubbio che Pisa sarebbe diventata la città più importante della Toscana. La realtà fu diversa. Genova si alleò con Lucca nel 1166 e si fece concedere dai lucchesi l'uso del porto di Motrone in Versilia, coi fondachi relativi e col monopolio del sale. Si creò così un'evidentissima concorrenza al porto di Pisa. La città mobilitò allora tutte le sue forze contro Motrone, insieme alle truppe inviate dal vescovo di Volterra e a trecento cavalieri lombardi. La prima disputa si risolse con la vittoria pisana (1171).

Venne stipulato un trattato fra pisani e fiorentini che riguardava soprattutto il transito delle merci attraverso il porto pisano, mentre si garantiva che i mercanti fiorentini non avrebbero dovuto pagare balzelli di importo superiore alla metà di quelli versati dai pisani stessi.

La fine del XII secolo
Alla fine del XII secolo si delineò con maggiore chiarezza la concorrenza lucchese, fiorentina e soprattutto genovese nei mercati mediterranei. Un trattato, quello della pace con Genova, caldeggiata da Gregorio VIII e da Clemente III, fu stipulato nel 1188 e consentì la realizzazione della terza crociata, con la partecipazione di forze inviate da Pisa e dalle città dell'entroterra. II XII secolo si chiuse quindi con nuove speranze e ambizioni espansionistiche, rinfocolate dai diplomi che Enrico VI rilasciò alla città a conferma delle concessioni del Barbarossa.

Nel 1190 venne eletto il primo podestà; alla nuova magistratura si affidò il compito di dirimere le forti dispute insorte all'interno dell'aristocrazia consolare. Nello stesso periodo, e cioè nel decennio tra il 1190 e il 1200, si andò delineando la formazione delle maggiori corporazioni mercantili e artigiane; l'Ordine dei mercanti, l'Arte della lana e il Consolato del mare.

L'alto Arrigo
Tra il 1308 e il 1309 Pisa mirò ad utilizzare una delle nuove forze che convergevano dal Mediterraneo verso l'Italia centrale: il regno di Aragona. Il papato, da Bonifacio VIII in poi, aveva infeudato la Sardegna ai re d'Aragona nell'intento di deviare su quest'isola le loro tendenze espansionistiche che già li ponevano in grave conflitto con gli Angiò, dopo il loro intervento nell'insurrezione siciliana del Vespro. Giacomo II d'Aragona svolse un abile ed intenso gioco diplomatico, tenendo a bada contemporaneamente sia i ghibellini (Pisa) che i guelfi (Firenze, Lucca), sia Genova che il pontefice. Dopo lunghe trattative Pisa fu sul punto di sottomettersi completamente al re (1309), cedendogli integralmente la sovranità sulla città e sul contado, poiché le era apparsa ormai imminente e inevitabile la conquista della Sardegna da parte delle forze aragonesi. Solo un nuovo avvenimento di vasta portata venne a impedire quest'atto di sottomissione: la discesa in Italia di Enrico VII di Lussemburgo. Le speranze di riscossa dei ghibellini si unirono alle speranze di chi, come Dante, auspicava dall'«alto Arrigo» la realizzazione di una più imparziale e quasi universale giustizia. Tutto ciò contribuì alla chiusura dei contatti diplomatici tra Pisa e il re Giacomo II.

Uguccione della Faggiuola
Nel settembre 1313 fu chiamato a Pisa Uguccione della Faggiuola, che era stato uno dei principali condottieri di parte ghibellina, e che a Genova era stato nominato vicario dallo stesso Enrico VII. Come già i Montefeltro, così Uguccione seppe dare nuovo estro agli eserciti del comune, e nonostante un'iniziale serie di trattative con Roberto d'Angiò e la lega guelfa, inflisse dure perdite ai guelfi, realizzando quella che da secoli era un'agognata meta della città: la conquista di Lucca. L'autorità e il prestigio del nuovo condottiero, che sotto molti aspetti precorre i più celebri capitani di ventura, divennero così forti che egli ritenne giunto il momento per creare una sua signoria personale, compiendo un colpo di mano; fece infatti arrestare e decapitare, sotto accusa di tradimento, due dei probabili oppositori, gli anziani Banduccio e Piero Monconti, che erano ricchi mercanti ed avevano larga fama tra le famiglie di popolo (marzo-aprile 1314).

II rinnovato prestigio di Pisa nella lotta antiguelfa fece sì che anche un gesto di così grave venisse tollerato. I successi delle milizie cittadine continuavano ancora, tanto che si giunse a sconfiggere l'esercito fiorentino nella famosa battaglia di Montecatini, che ebbe vasta risonanza (luglio 1315). È l'ultimo episodio positivo della signoria di Uguccione. II Faggiolano si era particolarmente appoggiato alla nobiltà e alla piccola borghesia per consolidare il suo potere (aveva tra l'altro istituito un posto fisso di priore delle Arti all'interno dell'anzianato), ma la fine della sua signoria giunse rapida e improvvisa nell'aprile 1316, e fu probabilmente causata da quel ceto mercantile che voleva riprendere più agevoli contatti con le città dell'entroterra.